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"Avere qualcosa di importante da dire e che sia utile a tutti o a molti. 

Sapere a chi si scrive. Raccogliere tutto quello che serve. Trovare una logica su cui ordinarlo. Eliminare ogni parola che non serve. Non porsi limiti di tempo"

don lorenzo milani

Immagine del redattoreStefano Motta

"Grazie" con la z maiuscola

Amo il mare della Romagna perché in faccia al tremolar della sua marina riposa Dante. Amo il mare della Romagna perché lì si butta il rio Salto che dalla tenuta della Torre percorre San Mauro e sfocia a San Mauro Mare. Perché il paese all'interno ha preso il nome del poeta che qui è nato e cresciuto, fanciullino, e si chiama San Mauro Pascoli.

Amo il mar Adriatico perché so che lì ci sono le nevi dei ghiacciai delle mie montagne.

Amo questa porzione di Romagna perché quel fosso, niente più di un fosso, il Rubicone, ha fatto la storia. E poi Guareschi, che andava in vacanza a Cervia, e lì si è spento. Amo la terra [...] su la marina dove 'l Po discende | per aver pace co' seguaci sui perché è la terra dell'amore di Francesca da Rimini e Paolo Malatesta. E persino le canzoni, amo, e persino il casino, a uno come me che notoriamente è molto orso. Amo questo mare nonostante la discodance sull'Inno di Mameli al Papeete. O forse lo amo ancor più anche per questa sua capacità traditrice di mettere a nudo le persone e mostrarle per quello che sono. Tipo un ex ministro dell'Interno, per esempio.

Vengo da quattro giorni brevi di "stacco" dalle frenesie artificiali dello smartworking lumbard in periodo di lockdown.

Ho ritrovato il mio mare, che quando non c'è nessuno a camminarci dentro strisciando i piedi ha fondali bassi e pulitissimi da accarezzare con gli occhi. E la sabbia finissima che si sfarina tra le mani degli adulti ma in quelle grassottelle dei bambini diventa castelli e sogni. Ho ritrovato le vie di Igea Marina, progettate a reticolo dal nulla e nominate perciò tutte insieme, con i nomi dei grandi della storia di Roma.

In questa fine di giugno così pazza, con la z inconfondibile di queste genti, senza i watt sparati dei tormentoni estivi, passeggiavo in silenzio alla sera coi figli per il rito del bombolone caldo e incontravo Quintiliano, Lucilio, Lucrezio, Giovenale, Atta, scritti con le iniziali del loro prenomen, e del cognomen che mica tutti me li ricordo al primo colpo.

Non c'era in giro quasi nessuno, e io mi beavo di questo privilegio. Ho smesso quando ho capito che quello che per me era un plus, per chi in quei posti lavora e perciò li tiene vivi, era una sofferenza. E non di natura economica.


Le genti romagnole ti dicono "grazie" a prescindere, col sorriso, sempre. Sono del mestiere, sono furbi, e sanno che l'ospite va coccolato. So che c'è tanta sincerità e un po' di furbizia nella loro incrollabile gentilezza.


Nel "grazie" di rito con cui accompagnavano la mia prenotazione in hotel, le consumazioni al bar, qualche piccolo acquisto, c'era quest'anno la percezione di un dono, di un "salvataggio" reciproco da un pericolo che non viene dal mare, la consapevolezza che ci stavamo aiutando entrambi a ripartire.





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