Tra le esperienze più arricchenti della mia giovinezza annovero senz’altro gli anni passati come commesso in una piccola libreria della mia città. Era un’attività di volontariato, non perché fosse uno stage mascherato da schiavizzazione ma perché si trattava della libreria cooperativa della mia parrocchia. Per questo avevo coinvolto i miei amici e coetanei, a fare i turni per tenerla aperta il più possibile.
Il mio amico con la a maiuscola di allora come di adesso mi accolse una sera con un atteggiamento misto di disapprovazione e soddisfazione: “Com’è andata?”, gli ho chiesto. “Son venute solo due famiglie a ritirare i testi scolastici prenotati. Per il resto, un mortorio”. Provo a consolarlo dicendogli che era un turno infrasettimanale e di norma non c’era tanto “giro”, ma lui non ne aveva bisogno: “Non son mica stato con le mani in mano, sai? – mi dice - C’era un casino qui sugli scaffali che non si poteva vedere e mi sono messo a riordinare i libri come dio comanda!”, e mi squaderna davanti con un gesto soddisfatto del braccio gli scaffali ora iridescenti: si andava dal bianco a grigino, al celeste che diventava giallo smunto, poi giallo girasole, poi arancione, eventualmente anche “rafforzato”, poi rosso e via dicendo, in una paletta di colori che: “imbianchino, scansati!”.
“Ma che c***o hai fatto?”, gli dico (da giovani eravamo inclini al turpiloquio come artificio retorico di enfatizzazione dei concetti).
“Ho rimesso i libri in ordine di colore: così stanno meglio!”
“Guarda che erano già in ordine, prima!”
“?”
Entrambi ricopriamo ora ruoli di discreto prestigio sociale: egli soprattutto mi è dirigente in una banca strategica del Nord Italia, ragion per cui ometterò ulteriori indizi che lo possano rendere identificabile, perché oggi le decisioni non si prendono mica in base ai colori. O sì?
Poiché rimettere in ordine i libri è un’attività zen che dà una pace come poche altre cose, mentre attendo come un oracolo la notizia cromatica sullo stato di salute delle regioni, ho deciso di accettare l’azzardo del mio amico e predisporre una bibliografia a colori, un po’ come una sorta di dieta a zona.
Ne è venuta fuori una torre pendente in cui ogni piano è un amico: non so perché, ma il titolo in cima a tutti è quello che meglio descrive come ci si sente in questo periodo giallo-arancione-rosso tendente al marrone.
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