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"Avere qualcosa di importante da dire e che sia utile a tutti o a molti. 

Sapere a chi si scrive. Raccogliere tutto quello che serve. Trovare una logica su cui ordinarlo. Eliminare ogni parola che non serve. Non porsi limiti di tempo"

don lorenzo milani

CHE SIA UNA QUALCHE PRINCIPESSA?

Immagine del redattore: Stefano MottaStefano Motta
Per amore di Lucia

Come molti sanno, i nomi dei personaggi dei Promessi sposi cambiano nel corso delle successive fasi di elaborazione e stesura del testo da parte di Manzoni: dalla prima minuta del 1823 all’edizione definitiva del 1840-42 il giovanotto che si chiamava Fermo Spolino diventa Lorenzo Tramaglino, la domestica del curato da Vittoria diventa Perpetua, l’avvocato lecchese Pettola diventa Azzecca-garbugli, Geltrude diventa Gertrude, e il Conte del Sagrato perde per sempre il nome e diventa innominato. Molti altri particolari cambiano, ma lei rimane lei. Lucia è Lucia sin dall’inizio. Nella prima minuta fa “Zarella” di cognome, nel manoscritto di Lecco è citata come “Mandelli”, per diventare poi Mondella.

Se vi hanno detto che nome e cognome alludono a una funzione “illuminante” e alla purezza di una ragazza monda, non vi hanno detto tutta la verità.

Se mettete in fila i nomi dei personaggi dei Promessi sposi vi ritrovate una costante curiosa: Lorenzo, Cecilia, Agnese, Perpetua, Lucia, Prassede, Gervaso sono tutti nomi di martiri dei primi secoli del cristianesimo.

E Mondella è, come Tramaglino, un cognome parlante, indizio della professione: filatore lui, addetta alla pulizia dei bachi da seta lei.

La “santarella” dei Promessi sposi, la “madonnina infilzata”, l’”acqua cheta”, nella prima minuta del ’23 era una ciarlona, un po’ pettegola e dalla battuta facile. Nel romanzo definitivo invece Manzoni concede alla sua Lucia un assoluto privilegio. “Che sia qualche principessa costei?”, si chiede la vecchia del castello dell’innominato. Attorno a lei ruotano perlopiù persone d’alto rango: chi la perseguita è pur sempre un signorotto, di paese ma don: don Rodrigo; chi la rapisce è un conte, l’innominato; chi la salva è un cardinale; chi la ospita è una nobildonna milanese; chi la tradisce è una Signora.

E in tutto questo lei è promessa a un ragazzone di vent’anni.

È attorno a questa eroina del bene che ruota il romanzo più bello dell’intera storia della letteratura mondiale. Chi porta il suo nome lo sappia: è una responsabilità esserne degne. Buon onomastico, dunque, alla mia Lucia di carta e a tutte le Lucie che tengono i fili della storia.


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