IL PASTICCIO DI DOSToEVSKIJ E LA "CANCEL CULTURE"
Da virologi a politologi il passaggio è stato breve. Di lì a diventare esperti di tattica militare è un attimo, considerate le ore passate in gioventù su Risiko o alla Playstation. Il difficile viene adesso che il tema della discussione sui media è Dostoevskij!
L’ha riportato in auge il pasticcio combinato in Università Bicocca a Milano a proposito di un ciclo di lezioni sul grande scrittore russo prima rimandate dal prorettore e dalla rettrice per “evitare ogni forma di polemica soprattutto interna in quanto è un momento di forte tensione”, e poi ripristinate dallo stesso ateneo, con un comunicato un pochino farisaico. Nel frattempo il tam tam mediatico ci aveva consegnato tweet di politici indignati, inneggianti alla libertà di studio e insegnamento, e alla necessità, vieppiù in questo frangente, di non censurare le voci della cultura. Non si vede, in effetti, cosa c’entri Dostoevskij col delirio di Putin. Anche se, a tutti gli effetti, leggendo i suoi romanzi, non si trova alcuna presa di distanza dalle posizioni dell’autocrate del Cremlino. Mannaggia Fëdor! Potevi scriverla nel 1879 una parola contro Putin nei Fratelli Karamazov. O, meglio, nell’Idiota, che hai finito proprio a Firenze nel 1869: anche tu, farti furbo no? Al ripristino del corso è poi seguita una precisazione del prorettore della Bicocca in un’intervista a Radio Popolare: «Nessuna censura. L’idea era rinviare il corso su Dostoevskij per ampliarlo e aggiungere altri aspetti. Quali? Volevamo provare ad aggiungere anche autori ucraini». C’è da crederci? No. Perché è un po’ come se io fossi incaricato di tenere un corso su Manzoni e mi si dicesse di rimandarlo perché sarebbe opportuno arricchirlo con qualche altro carneade minore lombardo dell’Ottocento per “ampliare il messaggio e aprire la mente degli studenti”. “Aprire la mente degli studenti”: proprio così ha detto il prorettore. Che espressione infelice, trita, saccente. “E poi quello su Dostoevskij non è un corso obbligatorio”, ha aggiunto. Non sia mai che un Ateneo obblighi a studiare Dostoevskij, per l’amor di Kiev! Comunque l’Università ha detto che è stato un malinteso, e nessuno desidera censurare nessuno, men che meno il grande autore russo in quanto russo. Meno male, perché avevo cominciato a preoccuparmi che questa mania iconoclasta cancellasse per partito preso ogni cosa che avesse qualche sentore di russo, in una specie di damnatio memoriae. E siccome i miei figli frequentano l’Istituto Comprensivo “Leone Tolstoj” la cosa mi riguardava da vicino. Adesso vi lascio, che devo passare in rassegna le liriche di Montale ed emendare il senhal di Mosca. Meno male che di notte almeno non russo, altrimenti erano guai!