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"Avere qualcosa di importante da dire e che sia utile a tutti o a molti. 

Sapere a chi si scrive. Raccogliere tutto quello che serve. Trovare una logica su cui ordinarlo. Eliminare ogni parola che non serve. Non porsi limiti di tempo"

don lorenzo milani

Il figlio di Barabba

Debilitato dalla cirrosi epatica e fiaccato da un cancro allo stomaco, Giovanni Pascoli

muore a Bologna il 6 aprile del 1912, Sabato Santo. “Alle ore 15 e qualche minuto – come racconta la sorella Maria – un tratto egli aprì del tutto i suoi dolci occhi, sollevò e abbassò convulsamente le braccia con un alto grido, poi reclinò da una parte la sua cara testa, emise tre brevi respiri e poi... più nulla. «Giovannino Giovannino Giovannino!» urlai disperata. Ma egli, il mio tutto, non poteva più udirmi, era partito, aveva reso la sua anima buona al Creatore, portando con sé interamente il mio cuore pieno di affetto per lui. Chi potrà mai comprendere il mio strazio, la mia desolazione?”


Il mese successivo una infelicissima Mariù, scrive la prefazione alla prima edizione delle Poesie varie nelle quali divulga alle stampe anche alcuni testi sinora rimasti inediti: “E così, tremando, presento alcuni versi giovanili di lui tratti in gran parte da suoi manoscritti e in parte da vecchi giornali del tempo. Offro pure un gruppo di poesie famigliari, più o meno remote, col fine solo di fare apprezzare la gentilezza e la bontà del gran cuore che le dettò. Seguono poi le cose degli ultimi tempi ch'egli non aveva ancora messe a posto; e la parte che c'è del Piccolo vangelo che voleva compiere tra breve”.

La mia poesia per la Pasqua è l’ultima di questa incompiuta silloge. I testi che a titolo diverso vengono citati a proposito della Pasqua sono molti e solitamente anche molto zuccherosi, ridondanti di campane, alati frulli di bianche colombe e primaverili fioriture. Per questo la poesia che mi piace accostare alla Pasqua può apparire insolita: a differenza di molte altre non può essere riletta e recitata come una preghiera, perché ha l’andamento narrativo di un apologo. Prendendo spunto da un episodio narrato dai tre vangeli sinottici (Mt 19, 13-14.; Mc 10, 13-16; Lc 18, 15-17), Pascoli riempie gli spazi vuoti lasciati dalla prosa pura degli evangelisti tentando di sceneggiare più ampiamente l’attimo: Gesù che insegna alla gente, i bambini che accorrono sgomitanti e chiassosi, l’assurdo scrupolo di Pietro («Attento a non sporcarti la tunica!»), reso ancor più grottesco da quell'aggettivo, "inconsutile" (= priva di cuciture), messo con un effetto straniante in bocca a un pescatore di Tiberiade, e la farisaica ipocrisia di Giuda («Non conviene che tu ti mostri affettuoso con quel bambino, perché è il figlio di un criminale»), e la spiazzante risposta di Gesù.


E Gesù rivedeva, oltre il Giordano,

campagne sotto il mietitor rimorte:

il suo giorno non molto era lontano.


E stettero le donne in sulle porte

delle case, dicendo: «Ave, Profeta!»

Egli pensava al giorno di sua morte.


Egli si assise all'ombra d'una meta

di grano, e disse: «Se non è chi celi

sotterra il seme, non sarà chi mieta».


Egli parlava di granai ne’ Cieli:

voi fanciulli, intorno lui correste

con nelle teste brune aridi steli.


Egli stringeva al seno quelle teste

brune; e Cefa parlò: «Se costì siedi,

temo per l’inconsutile tua veste».


Egli abbracciava i suoi piccoli eredi:

«Il figlio» Giuda bisbigliò veloce

d'un ladro, o Rabbi, t’è costì tra’ piedi:


Barabba ha nome il padre suo, che in croce

morirà». Ma il Profeta, alzando gli occhi,

«No», mormorò con l’ombra nella voce;


e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi.


L’omiletica tradizionale insegna sempre che Gesù è morto sulla croce per salvare tutti.

Ma quando si usano i pronomi indefiniti nessuno si sente mai chiamato in causa direttamente. Ha un che di consolante sapere che Gesù già sapesse, che abbia accettato di salire in croce “per compiere la volontà del Padre suo”, “per riscattare tutti noi dal Peccato”, “per adempire le Scritture” e per tutte le altre incontestabili formule.

E per non far piangere quel bambino innocente.


(S. Motta, Vola alta, parola. Pregare con i poeti, Effatà Editrice, Torino 2012, pp. 31-33)

https://editrice.effata.it/libro/9788874027941/vola-alta-parola/

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