“Giova, di grazia tu che l’hai commentato: ma perché mai, di grazia, Durante ha un suo dì dedicato?”
“Eh, Cecco mio, gli è il primo di noi tre corone fiorentine, dicono…”
“Corona ‘sta fava: che qui la laurea l’ho in testa io, altro che!”
Ho giustappunto intercettato oggi nell’etere codesta amabile conversazione tra i miei amici Francesco e Giovanni, e mi chiedevo io pure perché mai il nasuto ghibellin fuggiasco goda del privilegio di una giornata tutta sua. Ne parlavo con il caro Ugo, sempre fumantino, e finanche lui, che avea citato il Sommo proprio in esergo alle sue Ultime lettere, mi parve avere il cipiglio irritato.
“Forse un dì noi pur l’avremo glorioso”, mi disse endecasillabamente.
“Ah, il tempo corrode la fama e rende vane le illusioni giovanili”, diceva una voce dietro una siepe. Ma Giacomo, si sa, è sempre un po’ pessimista e non contempla che la sentenza dei posteri non possa essere che arduamente a noi sfavorevole.
Leggo sulla reticolare enciclopedia che il 25 di marzo sarebbe stata istituita come Dantedì in quanto ricorrenza del giorno in cui nel mezzo del cammin della sua vita il Sommo si perdette nella gerusalemaica selva. L’illuministica wikicompilazione suggeriscemi pure che la data sia stata istituita ad imitazione di un certo tale Bloomsday in onore di tale Leopold Bloom protagonista dell’Ulisse di Giacomo Joyce, un barbaro non privo d’ingegno.
Mi compiaccio. Io per me, umilmente, mi piacerebbe un giorno di maggio, il cinque magari.
Con i miei rispetti
Don Lisander
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